lunedì 14 luglio 2014

Un viaggio dentro se stessi

Causa sessione estiva è da un po' che non scrivo nulla.
Nonostante stia studiando libri, e leggendone altri per svago in quei pochi momenti di pausa, oscillo tra il dover studiare e il voler far nulla, implicando quindi il non aver voglia di battere al pc qualche pensiero in riga perché "no", perché"dfgskha" rappresenta come sto ultimamente.
Tuttavia poiché dovevo fare una tesina, un testo breve su un argomento a mia scelta per l'esame di letterature anglo-americane, vorrei proporvelo. Effettivamente è il connubio tra parlare di libri, mie opinioni e studio, ergo "è bello e pronto e non devo fare lavoro aggiuntivo".
Enjoy.

Un viaggio dentro se stessi

Al giorno d'oggi la scoperta più grande che l'uomo possa fare è quella che riguarda se stesso e le proprie capacità.
Siamo infatti portati dal nostro modo di vivere, dalla tradizione, dalla società stessa ad uniformarci e tendiamo a rimanere sulla scia di tracce lasciate da generazioni a noi precedenti. Si entra in una viziosa monotonia dalla quale è impossibile fuggire, poiché in primo luogo manca la consapevolezza di poter uscire dalla routine. Si tende a dare molto per scontato e in questo modo si intorpidisce il nostro organo più importante, la mente. È questo che viene maggiormente criticato da Henry Thoreau in "Walden".
Egli è un esempio di come questo problema sussista da secoli, e indubbiamente risale a periodi ancora antecedenti. Tuttavia Thoreau vuole uscire dall'oziosa agiatezza e prende in mano il compito di risvegliare la coscienza sociale partendo da se stesso. Decise infatti di allontanarsi dalla società, non per ripudiarla, ma per poterla vedere sotto un occhio critico da un altro punto di vista. Rifiutò tutto quello che aveva fino a quel momento dato per consueto e decise di ricominciare da capo, per poter dimostrare quanto spirito vi sia in un singolo uomo.
È dal rifiuto che si passa ad una rinascita, il concetto chiave, se vogliamo, dell'opera. Abolendo tutte le certezze non può esserci altra possibilità se non iniziare da capo, letteralmente "rimboccandosi le maniche" come fece egli incominciando dalla sua stessa casa. Lo scrittore dimostra in maniera incredibilmente realistica e con tanto di note come la spesa di un piccolo capitale iniziale possa costruire una casa che durerà per sempre e che è propria in tutti i sensi; coltivando il minimo indispensabile produce il cibo di cui ha bisogno e che in alcuni momenti gli risulterà anche come introito.
Ma dove può avvenire questa rinascita se non nel mezzo della Natura, l'opposto della civiltà corrotta? Ed è per questo motivo che si ritirò a Walden Pond per due anni e due mesi, per poter essere più lontano possibile dalla società ma tuttavia avere ancora degli sporadici contatti, come alcuni visitatori che passavano di lì o attraverso passeggiate vicino ad altri laghi o fattorie. Infatti egli non si proclamava eremita, ma aveva bisogno di staccarsi dal contesto opprimente per poter distendere la mente e carpire tutto il possibile dall'ambiente e farne motivo di riflessione sulla sua condizione, ed infine farne specchio per la realtà di tutti gli uomini. La Natura infatti è fonte infinita di stimoli per la mente e lo spirito: si possono perdere giornate intere nel vedere il movimento delle nuvole o i cambiamenti della superficie del lago per il vento. Riuscire ad apprezzare l'ambiente che ci circonda è il primo modo per poter scoprire chi siamo: è infatti vedendo la Natura che troviamo somiglianze tra essa e noi, nella resistenza di un albero al freddo, nell'istinto vitale di una volpe che scappa, nel gioco di un uccello che si tuffa in acqua, nello sfoggio di abilità per pura volontà di dimostrarle a se stessi di un falco che si butta in picchiata dall'alto del cielo. Thoreau spende moltissime righe ad elencare tutti gli animali che gli facessero visita, raccontando le loro storie e come essi potessero influenzare la sua giornata, prima di tutto come compagni; di questi sottolinea tutti i suoni che lo accompagnano nel corso della sua esperienza, dall'alba a notte inoltrata, di come a volte non li potesse vedere ma sapeva che erano lì.
È fondamentale sottolineare lo stato di solitudine nel quale egli si pose in modo da poter riflettere in maniera più pura, in un ambiente calmo e calmante al tempo stesso. È importante dire però che la solitudine non è in realtà che uno stato mentale piuttosto che fisico: Thoreau vivendo a miglia dalla città era in realtà più presente di chi vi viveva in quanto è essa il fine delle sue riflessioni. Non si è soli finché non ci si sente tali, tanto in mezzo ad un bosco quanto in un appartamento pieno di persone. L'assenza di persone intorno a sé serve soltanto a "fare spazio alle idee", come dice lo scrittore, per poter affinare la mente nella circostanza più favorevole, nella tranquillità più assoluta. Inoltre è stando da soli si può ragionare a lungo poiché è più difficile essere distratti. Soprattutto colloquiando con qualcuno si tende a mantenere viva una discussione, e si adopera più la lingua che la mente. Sono rare quelle conversazioni nelle quali siamo portati a ragionare di più per trovare una soluzione comune. Lo stato sociale dell'interlocutore però non ha importanza, poiché è saggio tanto un altolocato filosofo quanto il più umile dei contadini che apprende le verità della terra toccandole con mano, a differenza dell'altro che compie solo lavori mentali. Thoreau infatti non nega mai il lavoro fisico per essere completi tanto nella conoscenza del corpo quanto in quella dell'intelletto.
È possibile risvegliare la mente anche attraverso i libri, che non sono altro che un doppio discorso: simultaneamente qualcuno racconta dei fatti a noi e noi li raccontiamo a noi stessi. Un libro deve infatti permettere di assorbire concetti, farli propri e iniziare a ragionare su di essi per arrivare a concetti più alti, verità assolute. E nella Natura, da soli, il libro è il compagno più fedele che si possa avere, in quanto è sempre lì pronto a dare informazioni e spunti di riflessioni. La cosa peggiore è infatti leggere un libro senza sostanza o, peggio ancora, non darsi modo di ragionare su quanto si legge. La passività è il male della società: incita alla routine, permette che tutte le ipocrisie possano persistere, poiché con essa si passa all'accettazioni di queste e all'inerzia, che ci spinge avanti solo perché ciò è quello che ci si aspetta che si faccia. Al contrario non vi è ricchezza maggiore di un testo che possa dare vita a pensieri che prima potevano essere tanto lontani dalla nostra mente e che invece successivamente sono così limpidi da diventare una lente attraverso la quale esaminare il mondo sotto una luce diversa.
Adesso pensare di abbandonare tutto e ricominciare da zero potrebbe essere considerato estremamente a-sociale perché si eliminano tutti gli "status quo", quando invece è l'azione più sociale che ci sia in quanto è il motore primo per poter scoprire ciò che possiamo davvero fare e migliorare come persone sotto tutti i punti di vista. Dovendo ricominciare da soli si nota come non siamo solo come la persona che dovremmo essere nella società, inquadrati in un solo ruolo per sempre, ma che possiamo essere ciò che vogliamo, e lo si scopre soltanto facendo questo cambiamento. Finché non ci si trova nella condizione di dover attingere alle proprie facoltà non si sa di possederle. Una volta ottenuta una conoscenza se non totale almeno buona di sé, possiamo iniziare il confronto con il prossimo e costruire insieme una società migliore.
Il rifiuto degli agi e del lusso è possibile interpretarlo con la Moda, ad esempio, sotto la quale la società tende a vivere ciecamente. Si giudica prima l'aspetto e poi la persona, di qualunque estrazione sociale essa sia. È ritenuto più importante essere aggiornati con i capi di abbigliamento e apparire benestanti piuttosto che dimostrare la purezza di spirito, la profondità di pensiero. Per citare un esempio Thoreau sostiene che è più facile per un uomo camminare in città con una gamba rotta piuttosto che con una gamba dei pantaloni rovinata, e questo concetto vige tuttora. Come si può uscire dal circolo vizioso di pregiudizi ed ipocrisia se non con l'abolizione del concetto primo? Per questo motivo lo scrittore scelse abiti di seconda mano, leggeri, che potessero durargli più a lungo possibile, senza pensare a se erano "belli" ma se erano "utili".
L'essenzialità infatti è la chiave dello stare bene, poiché rifiutiamo tutti costrutti, astrazioni inutili e ci riportiamo con i piedi per terra per cercare e trovare ciò di cui abbiamo davvero bisogno. Thoreau infatti sostiene che per il bene è perseguibile solo dopo aver ottenuto "Cibo, Riparo, Vestiario e Combustibile", e ciò basta per poter permettere alla mente di lavorare. Tutto ciò che si aggiunge è zavorra che ci impedisce di riflettere lucidamente, perché si è più preoccupati ad avere contingenze che a lavorare per il necessario.
Si può infine dire che se uno scrittore del XIX secolo sia arrivato a queste conclusioni e visse effettivamente meglio di molti di noi oggigiorno, poiché aveva il minimo indispensabile e di questo era felice, forse dovremmo provare a prenderlo come esempio ed almeno tentare di cambiare la quotidianità e scoprire ciò di cui siamo davvero capaci, non necessariamente andando da soli in un bosco, ma almeno afferrando i concetti di rifiuto della monotonia e di soddisfazione del poco che però è vero e puro.




Lorenzo L